Sul finire
della legislatura con poco clamore mediatico e quasi in punta di piedi è stata
approvata la legge 215 del 23 novembre 2012 con cui per la prima volta dal 2003
si dà una prima concreta applicazione al novellato articolo 51 della Carta
Costituzionale che impegna la Repubblica in tutte le sue articolazioni ad
adottare appositi provvedimenti per favorire le pari opportunità tra uomini e
donne nell’accesso alle cariche elettive e agli uffici pubblici.
Con la legge
215 tra le diverse disposizione contenuto al suo interno vi è l’obiettivo
primarie di incentivare la presenza delle donne negli enti locali e in modo
particolare favorendone l’elezioni nei Consigli comunali attraverso una
modifica della legge elettorale e introducendo la cosiddetta “preferenza di
genere” (una doppia scelta per l’elettore che potrà optare nel votare due
candidati di sesso diverso) e dall’altro l’obbligo per sindaci e presidenti di
provincia a non lasciare alla porta le donne nella composizione degli esecutivi
locali, nelle giunte quindi.
La legge
215/2012 recepisce a livello legislativo un’ormai consolidata giurisprudenza
amministrativa che dal 2005 per poi affermarsi poi definitivamente a partire
dal 2009 ha visto diversi TAR regionali sanzionare e annullare la composizione
di quelle giunte regionali o degli enti locali che non vedevano al loro interno
la presenza di donne o ne avessero in numero troppo esiguo con
un’evidente mancato rispetto da un lato di norme statutarie dei singoli enti e
dall’altro di disposizioni normative nazionali e comunitarie e ovviamente lesive
dell’articolo 51 della Carta Costituzionale.
In queste
prime settimane del 2013 i tribunali amministrativi sono tornati ad esprimersi
nuovamente sul tema della presenza più o meno paritaria ed equilibrata delle
donne nelle giunte alla luce anche di quanto contenuto nelle nuove norme della
legge 215/2012.
Con la
sentenza n. 24/2013 il Tar Piemonte ha annullato la composizione della giunta
del comune di Rivoli e dal ragionamento in punta di diritto approntato dai
giudici viene ribadita l’ormai consolidata portata precettiva del
principio di pari opportunità all’accesso agli uffici pubblici e alle cariche
pubbliche di cui all’art. 51 della carta Costituzionale che diviene quindi un
parametro di legittimità dell’attività amministrativa in cui rientra anche il
decreto di nomina degli assessori, che non viene ormai più considerato da gran
parte della dottrina e della giurisprudenza un atto meramente politico, ma
amministrativo a tutti gli effetti. A rafforzare quanto stabilito
dall’articolo 51 della Carta Costituzionale vi sono norme di carattere primario
e statutarie (l’art. 9, comma 4, dello Statuto del Comune di Rivoli
prevede che “nella composizione della Giunta si deve tendere ad equilibrare la
presenza di entrambi i sessi”), ma soprattutto quanto contenuto nella nuova
legge 215/2012 che ha dato un tenore di carattere precettivo sull’applicazione
del principio di pari opportunità ed equilibrio di genere all’articolo 6 comma
3 del d.lgs. 267/2000 per cui il principio della paritaria rappresentanza dei
sessi nelle giunte non deve essere più ormai meramente “promosso”, ma
“garantito”.
Più
estensiva a favore della democrazia paritaria la sentenza 633/2013 del Tar
Lazio che ha annullato la composizione della giunta del comune di Civitavecchia
in cui vi era una sola donna tra i componenti. In questo caso i giudici
amministrativi non si sono solamente limitati ad adeguarsi ai precedenti
giurisprudenziali in materia, ma sono andati oltre con un’interpretazione
estensiva del principio di pari opportunità con uno sguardo ampio anche alla
legislazione e alla giurisprudenza europea. Le pari opportunità, secondo i
giudici laziali, non sono garantite dalla mera presenza di una sola donna nella
composizione della giunta (in questo caso si perde l’efficacia del principio,
diventa una presenza simbolica), ma si dovrebbe per lo meno tendere una soglia
di garanzia quanto più vicina al riequilibrio tra i sessi, che può essere
indicarsi nel 40% di persone del sesso sotto-rappresentato, al fine di dare
applicazione alla precettività delle norme in tema di pari opportunità. Il
criterio numerico adottato dai giudici ha trovato riconoscimento nella
Direttiva dell’Unione Europea adottata a novembre 2012 dalla Commissione UE con
riguardo ai consigli di amministrazione delle grandi società quotate in borsa.
Come dire perché il principio deve valere per i grandi manager e non per i
sindaci e amministratori pubblici?
Francesca Ragno
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