venerdì 8 aprile 2016

La perfetta bellezza all’epoca del Grand Tour (luglio 2010)



Il nome di Albano è ben noto in Europa, non solo per l’omonimo lago a due passi da Roma, ma in quanto meta prediletta tra il XVIII e XIX secolo, sulla via che portava a Napoli, di nobili e ricchi borghesi in quel viaggio di formazione culturale che, nella definizione di Lassels già nel 1670, prese il nome di Grand Tour d’Italie.

Albano in questo senso conobbe un vero e proprio successo, di pari passo alla fioritura edilizia concisa con il passaggio dai Savelli alla Camera Apostolica, completando l’architettura urbanistica fondata sul Tridente Barocco e immersa nelle antiche vestigia Romane. L’artista non poteva rimanere inerme di fronte alle bellezze di un Paese ricco di storia immerso nella calma serafica delle campagne romane e Le Grand Tour nella sua accezione di momento essenziale della formazione culturale, diveniva il punto di contatto alla scoperta del nostro patrimonio artistico andando però a “contaminare” i rapporti che legano lo spirito umano, trasformandosi in apertura nei confronti del nuovo di una cultura basata fondamentalmente sui valori cattolici.

Albano gode in questo senso di un favorevole passaparola e sono sempre più i viaggiatori alla ricerca di un mecenate da ricompensare con tele e commentari di pregio; poca cosa di fronte alla scoperta di un patrimonio ricchissimo che non si ferma all’arte o alla storia, ma riguardante ogni aspetto del vivere umano, dall’artigianato alla gastronomia, dalla moda al canto popolare, dal vivere rurale alle feste tradizionali. Tra i tanti che visitarono il nostro Paese ricordiamo Goethe, Stendhal, D’Annunzio, Ivanov, Turgenev, Gogol, Piranesi, Kestner, Kuchler, Overback. Ma Albano riuscì ad affascinare anche un “pittor de trastevere” come Bartolomeo Pinelli, sia nella riproduzione dei costumi d’epoca che nel racconto di vita popolare e suggestivi paesaggi.

La nostra cittadina, però, a differenza degli altri splendidi paesi dei Castelli Romani, vanterà un punto in più, “una bellezza così perfetta come non s’è vista dagli albori dell’umanità” il suo nome era: Vittoria Caldoni. Vittoria fu, infatti, la modella più famosa e ricercata dagli artisti più insigni degli ambienti culturali romani. Figlia di vignaioli, nonostante le sue umili origini , oltre alla sua ammirevole “bellezza classica”, possedeva una spiccata intelligenza, era educata e disinvolta. Il suo debutto artistico si deve all’incontro con il pittore tedesco August Kestner che la introdusse presso la famiglia dell’ambasciatore Von Reden, la cui consorte allestì per Vittoria uno studio artistico presso Villa Marta a Roma per permetterle di essere ritratta da pittori e scultori che ne facevano richiesta.

La bellezza incarnata da Vittoria rappresentava una sfida per i ritrattisti dell’epoca: un ineguagliabile modello estetico con un’assoluta perfezione del volto, capelli lucenti, seni corposi, gambe tornite ed eleganti. “Tutto in lei ricorda i tempi antichi quando il marmo prendeva vita e brillavano gli scalpelli degli artisti”, così lo scrittore russo Gogol nel suo frammento letterario Roma descrive la figura di Annunziata, ispirandosi quasi sicuramente a Donna Vittoria conosciuta nei suoi soggiorni albanensi. Non si contano gli artisti che vollero catturare nelle proprie opere l’essenza della bellezza di Vittoria Caldoni e qualsiasi elenco sarebbe poco esaustivo, di certo tra i nomi più importanti spiccano i fratelli Nazareni, Von Hess, Ludwig Catel e lo sculture Thorvaldsen. Fatto sta che il volto e la perfezione corporea di Donna Vittoria possono essere oggi ammirati nei più grandi musei del mondo testimoniando la perfetta bellezza che la nostra Albano vantava non solo nelle fattezze femminili della giovane modella, ma anche nei sui paesaggi e nelle sue vestigia.

Francesca Ragno e Saverio Teruzzi

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