Il nome di
Albano è ben noto in Europa, non solo per l’omonimo lago a due passi da Roma,
ma in quanto meta prediletta tra il XVIII e XIX secolo, sulla via che portava a
Napoli, di nobili e ricchi borghesi in quel viaggio di formazione culturale
che, nella definizione di Lassels già nel 1670, prese il nome di Grand Tour
d’Italie.
Albano in
questo senso conobbe un vero e proprio successo, di pari passo alla fioritura
edilizia concisa con il passaggio dai Savelli alla Camera Apostolica,
completando l’architettura urbanistica fondata sul Tridente Barocco e immersa
nelle antiche vestigia Romane. L’artista non poteva rimanere inerme di
fronte alle bellezze di un Paese ricco di storia immerso nella calma serafica
delle campagne romane e Le Grand Tour nella sua accezione di momento essenziale
della formazione culturale, diveniva il punto di contatto alla scoperta del
nostro patrimonio artistico andando però a “contaminare” i rapporti che legano
lo spirito umano, trasformandosi in apertura nei confronti del nuovo di una
cultura basata fondamentalmente sui valori cattolici.
Albano gode in questo senso di un
favorevole passaparola e sono sempre più i viaggiatori alla ricerca di un
mecenate da ricompensare con tele e commentari di pregio; poca cosa di fronte
alla scoperta di un patrimonio ricchissimo che non si ferma all’arte o alla
storia, ma riguardante ogni aspetto del vivere umano, dall’artigianato alla
gastronomia, dalla moda al canto popolare, dal vivere rurale alle feste
tradizionali. Tra i tanti che visitarono il nostro Paese ricordiamo
Goethe, Stendhal, D’Annunzio, Ivanov, Turgenev, Gogol, Piranesi, Kestner,
Kuchler, Overback. Ma Albano riuscì ad affascinare anche un “pittor de
trastevere” come Bartolomeo Pinelli, sia nella riproduzione dei costumi d’epoca
che nel racconto di vita popolare e suggestivi paesaggi.
La nostra
cittadina, però, a
differenza degli altri splendidi paesi dei Castelli Romani, vanterà un punto in
più, “una bellezza così perfetta come non s’è vista dagli albori dell’umanità”
il suo nome era: Vittoria Caldoni. Vittoria fu, infatti, la modella più
famosa e ricercata dagli artisti più insigni degli ambienti culturali romani.
Figlia di vignaioli, nonostante le sue umili origini , oltre alla sua
ammirevole “bellezza classica”, possedeva una spiccata intelligenza, era
educata e disinvolta. Il suo debutto artistico si deve all’incontro con il
pittore tedesco August Kestner che la introdusse presso la famiglia
dell’ambasciatore Von Reden, la cui consorte allestì per Vittoria uno studio
artistico presso Villa Marta a Roma per permetterle di essere ritratta da
pittori e scultori che ne facevano richiesta.
La bellezza
incarnata da Vittoria
rappresentava una sfida per i ritrattisti dell’epoca: un ineguagliabile modello
estetico con un’assoluta perfezione del volto, capelli lucenti, seni corposi,
gambe tornite ed eleganti. “Tutto in lei ricorda i tempi antichi quando il
marmo prendeva vita e brillavano gli scalpelli degli artisti”, così lo
scrittore russo Gogol nel suo frammento letterario Roma descrive la figura di
Annunziata, ispirandosi quasi sicuramente a Donna Vittoria conosciuta nei suoi
soggiorni albanensi. Non si contano gli artisti che vollero catturare
nelle proprie opere l’essenza della bellezza di Vittoria Caldoni e qualsiasi
elenco sarebbe poco esaustivo, di certo tra i nomi più importanti spiccano i
fratelli Nazareni, Von Hess, Ludwig Catel e lo sculture Thorvaldsen. Fatto
sta che il volto e la perfezione corporea di Donna Vittoria possono essere oggi
ammirati nei più grandi musei del mondo testimoniando la perfetta bellezza che
la nostra Albano vantava non solo nelle fattezze femminili della giovane
modella, ma anche nei sui paesaggi e nelle sue vestigia.
Francesca
Ragno e Saverio Teruzzi
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