venerdì 8 aprile 2016

PARI OPPORTUNITA’: CON LA LEGGE 215/2012 MAI PIU’ GIUNTE MONO-GENERE






 ARTICOLO PUBBLICATO su NOMOS LE ATTUALITA' NEL DIRITTO




Claudio Ricci è il sindaco della città di Assisi ed è conosciuto alle cronache della stampa nazionale per essersi guadagnato l’appellativo di sindaco più misogino d’Italia. La giunta comunale da lui guidata è composta totalmente da componenti di sesso maschile ed è stata annullata in virtù della sentenza del Tar Umbria numero 242/2012. Il sindaco della città di San Francesco e Santa Chiara non ha accettato di buon grado la decisione dei giudici amministrativi e ha optato per un ricorso al Consiglio di Stato, ma sono state soprattutto le sue dichiarazioni rilasciate alla stampa a suscitare un vero e proprio caso mediatico. Le parole del primo cittadino che hanno fatto maggiormente discutere sono state quelle relative all’inidoneità delle donne di Assisi a ricoprire la carica di assessore, avendone esaminato curricula ed esperienza politica. Il sindaco ostinato nella sua linea e fermo nella convinzione che non vi fosse all’epoca dei fatti, lo scorso luglio, nessuna legge che gli imponesse di garantire la presenza delle donne in giunta, forse dimenticando quanto prescritto dalla Carta Costituzionale, dal Testo Unico degli enti locali prima della riforma e soprattutto dallo stesso statuto del Comune di Assisi che all’articolo 30 comma 2 recita: “Il Sindaco nomina il Vice Sindaco e gli Assessori prima dell’insediamento del Consiglio Comunale, assicurando di norma la presenza di ambo i sessi”, ha rinominato la sua giunta nella medesima composizione precedente la pronuncia del Tar Umbria che ha messo in evidenza la mancanza di una motivazione adeguata all’impossibilità di garantire il riequilibrio di genere, motivazione che sappiamo essere necessaria come rilevato da più sentenze in materia. Al sindaco di Assisi sono stati rivolti appelli da associazioni, partiti politici e singole donne per spronarlo a tornare sui suoi passi, ma nulla da fare la sua città sembra proprio essere priva di una qualsivoglia donna in grado di ricoprire una carica assessorile come da lui stesso dichiarato: “Io ci ho provato, ma nessuna era davvero all’altezza”.
Forse ora il sindaco Ricci dovrà rimettersi al lavoro per leggere ed esaminare ulteriori curricula delle sue concittadine, visto che se solo pochi mesi fa invocava una legge nazionale che lo obbligasse a inserire nella sua squadra di governo entrambi i generi, sia uomini che donne, la sua richiesta è stata presto accolta dal Parlamento. Lo scorso 13 dicembre è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale la legge 215/2012, recante disposizioni per promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte degli enti locali e nei consigli regionali, nonché nuove disposizioni per quanto riguarda la nomina delle commissioni di concorso.
La nuova normativa nazionale per quanto riguarda nello specifico gli strumenti di riequilibrio della rappresentanza di genere negli enti locali si muove su due profili: implementare la presenza femminile nei consigli comunali ed evitare il fenomeno delle giunte mono-sesso o eccessivamente squilibrate nella presenza di un genere predominante, nella maggior parte dei casi quello maschile sulla scia della giurisprudenza amministrativa che nell’ultimo biennio ha sancito di fatto la precettività del principio di pari opportunità così come espresso dall’articolo 51 della Costituzione.
Per quanto riguarda il primo profilo alla base della legge numero 215 del 13 dicembre 2012 vi è l’introduzione della cosiddetta “preferenza di genere”, sul modello della legge elettorale delle Regione Campania, tecnica utilizzata di recente anche a livello di elezioni primarie dal Partito Democratico per scegliere i candidati e le candidate nelle liste per le elezioni nazionali.
Nello specifico si stabilisce che nei comuni fino a 5mila nelle liste elettorali deve essere assicurata la rappresentanza di entrambi i sessi. Mentre nei comuni con popolazione superiore si prevede che i candidati alla carica di consigliere comunale in ciascuna lista ogni sesso non deve essere rappresentato in misura superiore ai 2/3 con un arrotondamento all’unità superiore se il numero dei candidati del sesso sottorappresentato abbia un cifra decimale inferiore a 50 centesimi. In caso non venga rappresentata tale proporzione la commissione elettorale è chiamata a ridurre la lista cancellando i nomi dei candidati appartenenti al genere più rappresentato partendo dall’ultimo della lista. Analoga disposizione è contenuta nel disegno di legge provinciale n. 141/12 per la riforma del sistema elettorale della Provincia autonoma di Bolzano per le elezioni del 2013 si stabilisce che in ogni lista nessuno dei due generi potrà essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati. Nel caso in cui una lista comprenda uno dei due generi in una misura superiore ai 2/3, verranno cancellati dalla lista i nominativi dei candidati appartenenti al genere sovra rappresentato, a partire dall'ultimo candidato di detto genere. Da notare che il disegno di legge elettorale di Bolzano è stata redatto seguendo anche una par condicio lessicale utilizzando sempre il termine di candidato e candidata, mai solo il maschile. Il disegno di riforma delle legge elettorale provinciale è in corso di analisi da parte del Consiglio Provinciale di Bolzano.
Nella prima bozza al vaglio delle Camere si prevedeva in caso di mancato rispetto delle proporzioni tra i generi dei candidati la ricusazione della lista elettorale nel caso in cui al termine della cancellazione delle candidature eccedenti, il numero dei candidati componenti la lista fosse stato inferiore al minimo di legge, mentre nel testo approvato definitivamente si prevede che la riduzione della lista non può, in ogni caso determinare un numero di candidati inferiore al minimo prescritto per l’ammissione della lista stessa. Dal dibattito parlamentare è infatti emersa l’impossibilità di ricusazione della lista essendovi nei comuni con popolazione inferiore a 15mila abitanti un collegamento diretto con la candidatura a sindaco determinando la contemporanea decadenza. Nulla è stato previsto in termini di possibilità di regolarizzazione della lista che non abbia rispettato la proporzione dei 2/3 tra i generi e l’unica sanzione possibile risulta essere la diminuzione dei componenti della lista, anche nel caso limite in cui si presenti una lista composta totalmente da individui del medesimo genere.
La novità principale della legge sul riequilibrio di genere negli enti locali è, come annunciato, l’introduzione, sul modello della legge campana, della doppia preferenza di genere dando all’elettore la possibilità di esprimere due preferenze per i candidati al consiglio comunale e in tal caso la seconda preferenza deve riguardare un candidato di sesso diverso rispetto al primo, pena l’annullamento della seconda preferenza espressa. Stesse disposizioni si applicano anche nel caso in cui i comuni sopra i 300mila abitanti abbiamo organismi di decentramento. Dalla legge campana viene ripresa anche la “par condicio di genere” da applicarsi non solo per le elezioni degli enti locali, ma in tutte le competizioni elettorali anche nelle campagne elettorali referendarie, in cui si chiede ai mezzi di informazione nelle trasmissioni politiche di rispettare i principi di cui all’articolo 51 della Costituzione per la promozione delle pari opportunità tra uomini e donne.
In merito al profilo della presenza delle donne negli organi esecutivi degli enti locali la nuova legge 215/2012 in virtù della recente giurisprudenza amministrativa prevede una nuova disposizione che vincola i Sindaci e i Presidenti di Provincia, nell'atto di nomina della composizione della giunta, a "garantire" la presenza di entrambi i sessi. Stesso principio vale per tutti gli organi collegiali non elettivi direttamente collegati all’ente locale, tra cui anche le società municipalizzate, enti strumentali del comune.
La legge 215/2012 pone in atto un meccanismo per cui negli organi elettivi si favorirà una maggiore partecipazione delle donne e soprattutto non si potranno più avere giunte comunali e provinciali e organi collegiali degli enti locali mono-genere in quanto nella sua nuova formulazione l’articolo 6 comma 3 del Testo Unico degli enti locali ( “Gli statuti comunali e provinciali stabiliscono norme per assicurare condizioni di pari opportunità tra uomo e donna ai sensi della legge 10 aprile 1991, n. 125, e per garantire la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali non elettivi del comune e della provincia, nonché degli enti, aziende ed istituzioni da essi dipendenti),che ha fatto già nella sua precedente dicitura da apripista alle numerose sentenze che abbiamo visto nel corso di questa ricerca, ora il rispetto delle pari opportunità non sarà una mera promozione, ma dovrà essere una “garanzia” recepita dagli statuti degli enti locali che entro sei mesi dell’entrata in vigore della legge dovranno adeguarsi alle nuove disposizioni. Inoltre all’articolo 46 del medesimo decreto legislativo 267 del 2000, qualora gli statuti locali non vengano debitamente riformati, si inserisce la dicitura per cui nella formazione delle giunte il sindaco o il presidente della provincia nominano i componenti di quest’ultime “nel rispetto del principio di pari opportunità tra donne e uomini, garantendo la presenza di entrambi i sessi”e la medesima dicitura è inserita anche nell’articolo 4 comma 4 del decreto legislativo n. 156/2010 che attua i decreti relativi all’ordinamento di Roma Capitale, una disposizione che rafforza ancora di più il contenuto dello Statuto di Roma Capitale che prevede una presenza paritaria di donne e uomini nella giunta e che quindi fuga anche in questo caso le reticenze dell’attuale primo cittadino di Roma Capitale anche lui passato al vaglio dei giudici amministrativi per la sua giunta “poco rosa”. Con la riforma del testo unico degli enti locali la responsabilità e l’onere politico di garantire una presenza si spera quanto più equilibrata di donne e uomini nelle giunte è direttamente imputata al Sindaco o ai Presidenti di Provincia.
Con la legge 215/2012 per la prima volta dalla riforma dell’articolo 51 della Costituzione italiana il Parlamento ha dato una prima applicazione concreta all’adozione di appositi provvedimenti per la promozione delle pari opportunità come recita il testo costituzionale stesso, se si esclude il provvedimento transitorio previsto per le elezioni europee. Inoltre il legislatore nazionale ha saputo recepire quanto proveniva dalle sempre più frequenti interpretazioni giurisprudenziali andate al di là del mero dato letterale e normativo facendosi interpreti di una sempre più delineato input della società civile e di parte delle donne impegnate nelle realtà locali, e le ha tradotte in disposizioni normative, affinché la parità dei generi sancita dalla Carta Costituzionale sia assunta dagli attori politici come canone della propria azione a livello amministrativo e non debba più essere ottenuta dinanzi al giudice.

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